Intervista a Valerio Tricoli
di Matteo Mannocci
Valerio Tricoli Γ¨ un musicista e compositore italiano, nato nel 1977 a Palermo. Nella sua pratica fa ampio uso di fonti sonore registrate e lavorate, come di suoni sintetici, per creare narrazioni sonore concrete e materiche, in bilico tra il reale e lβinafferrabile. Negli anni ha collaborato con svariati musicisti e artisti come Werner Dafeldecker, Hanno Leichmann, Anthony Pateras, Ecka Mordecai, Thomas Ankersmit, Stefano Pilia, Mattin e altri. Il suo ultimo lavoro solista, βA Circle of Greyβ, Γ¨ stato pubblicato da Xong, collana sonora di Xing, nel 2023.
MM
Per iniziar vorrei discutere con te di una sensazione che ho avuto ascoltando per la prima volta la tua musica. Mi Γ¨ sempre sembrato che nel novero della musica concreta βstoricizzataβ ci fosse il problema di riuscire a inquadrarsi in un sistema di genere, mentre i tuoi lavori mi diedero uno shock positivo per il profondo aspetto cinematico e narrativo per immagini sonore.
VT
SΓ¬, cosa che magari Γ¨ vera anche per altri compositori di musica concreta. Quanto tu dici su questa progressiva trasformazione della musica concreta da modus operandi a βmanieraβ Γ¨ un poβ un problema schaefferiano. Sai come Luc Ferrari, per esempio, fosse, in seno a GRM, un poβ ostracizzato da Pierre Schaeffer: perchΓ© non modificava i suoni abbastanza, perchΓ© era troppo documentaristico. Ma se leggiamo i testi teorici di Schaeffer, la musica concreta di cui lui era alla ricerca doveva essere un linguaggio universale, un sistema aperto, un nuovo modo di concepire e creare la musica in opposizione alla musica βastrattaβ. Semplicemente: l'arte dei suoni fissati su supporto. Ecco, per me la musica concreta resta l'arte dei suoni fissati sul supporto, senza discriminazioni di sorta, di etnia, genere o credo, e a dispetto della βstoricizzazioneβ di cui si Γ¨ fatto complice l'βinventoreβ stesso del termine.
Per me anche lavori come i classici di William Basinski, ad esempio, sono musica concreta. Chi ha un'impostazione piΓΉ accademica dirΓ βno, giammaiβ, perchΓ© la musica concreta Γ¨ quella fatta in seno al GRM, con questo tipo di approccio al materiale sonoro, allo studio, con quel tipo di effetti, e, oggi, con quel tipo di puzza sotto il nasoβ¦ sΓ¬, forse Γ¨ anche vero in una prospettiva storicista, ma io preferisco rimanere un poβ piΓΉ universale riguardo alla mia concezione di ciΓ² che puΓ² dirsi βmusica concretaβ.
Riguardo allβaspetto cinematico, lo ritrovo anche in tanti altri compositori; Parmegiani spesso ha un'impostazione cinematica, Michel Chion, Lionel Marchetti... poi forse Γ¨ il tipo di cinema che si fa, che magari Γ¨ diverso.
MM
Sempre riguardo a questo di recente su GOLEM discutevamo su un possibile nuovo βfarsi genereβ della musica concreta, con una sua idiomaticitΓ β¦
VT
Per me la musica concreta Γ¨ veramente poco idiomatica. Quando compongo non mi pongo il problema di creare suoni che suonino βmusica concretaβ, che abbiano quel suono GRM, per esempio. Magari non Γ¨ un approccio accademico, e forse non Γ¨ quello che insegnerei a degli studenti, ma di principio per me certi DJ, a modo loro, stanno giΓ facendo musica concreta. Torno a Basinski, che Γ¨ un ottimo esempio, perchΓ© i suoi lavori piΓΉ famosi non possono esistere al di fuori del supporto. E il supporto stesso e il suo decadimento sono parte fortissima e imprescindibile del suo suono: perchΓ© βThe Disintegration Loopsβ non Γ¨ musica concreta? Non lo so, e nessuno me lo saprebbe spiegare in modo incontrovertibile.
Anche la distinzione tra la musica concreta e la musica elettronica Γ¨ oggi un poβ vaga, e forse lo Γ¨ sempre stata. Molte cose di Parmegiani β invero quelle che mi piacciono di meno β sono musica concreta perchΓ© era francese, fosse stato un tedesco forse non sarebbero state definite cosΓ¬.
βWilliams Mixβ di John Cage, e parliamo dei primi anni '50, Γ¨ evidentemente una musica concreta, un poβ bizzarra certo, perchΓ© costruita a partire da una partitura estremamente dettagliata. Ma anche quella Γ¨ per me musica concreta,Β anche se Γ¨ stata realizzata a New York e non a Parigi.
MM
β¦e non credi che si rischi un formarsi una marca stilistica un poβ stantia invece di una autoriale?
VT
Se io nel mio pezzo a un certo punto voglio metterci una canzone, cantata e suonata da me, come ho per altro fatto, va bene no? Non mi pongo dei problemi di stile, di scaffale.
MM
Esattamente questo, anche perchΓ© io la trovo anche un qualcosa di un poβ pericoloso, no? Diciamo che magari vedendolo da fuori puΓ² essere visto come un momento di maturitΓ di una forma, ma che poi non rischia di non offrire piΓΉ cose nuove se non a livello di tipologia di suoni.
VT
Infatti se vai a sentire i pezzi dei classici studenti di musica concreta o di musica elettroacustica, è quasi sempre quella roba lì. Io non la faccio quella musica. Per cui forse per loro io non faccio musica concreta e sono solo uno stronzo che fa i cazzi suoi, tant'è. Meglio, ecco.
MM
Mi ricorda un poβ questa citazione di Giacinto Scelsi: βBisogna arrivare al cuore del suono: solo allora si Γ¨ musicisti, altrimenti si Γ¨ solo artigiani. Un artigiano della musica Γ¨ degno di rispetto, ma non Γ¨ nΓ© un vero musicista nΓ© un vero artista.β
VT
E Scelsi come si autodefiniva?
MM
Credo un santone.
VT
Lui lβartigiano lo faceva fare a qualcun altro. Non so se conosci la pratica compositiva di Scelsi. Γ molto strano, perchΓ© faceva per cosΓ¬ dire una musica concreta al contrario. Registrava improvvisando, facendo grandi nastri di improvvisazioni con strumenti di vario genere, anche elettronici, e anche con un approccio βnoiseβ, e quando parti di quelle registrazioni gli sembravano interessanti, le faceva trascrivere su partitura al suo collaboratore.Β
CiΓ² detto io tra santone e artigiano, sono un artigiano, ecco. O forse un contadino. A fare crescere queste patate, molto spesso ci metto una stagione intera.
MM
Ecco, per l'appunto sulle sulle fonti sonore che utilizzi, mi interessava chiederti come le vai a creare e manipolare. Sul tuo uso del Revox credo si sappia giΓ moltoβ¦
VT
Il Revox viene usato in un momento posteriore allβaver individuato e catturato dei suoni da utilizzare: molto di rado si tratta di field recordings, perlopiΓΉ Γ¨ un lavoro di foley fatto in casa o in studio. Traggo i suoni da strumenti acustici, o da oggetti di ogni tipo, o da sintetizzatori, e li modifico su nastro, li filtro, li metto insieme.
MM
Β Di solito parti a raccogliergli per la composizione che hai in mente oppure tendi a partire da suoni che hai giΓ ?
VT
No, non ho mai in mente una composizione. Il mio procedere è completamente concreto e sperimentale. Comincio quasi sempre dalla costruzione, perlopiù improvvisata, di una bobina di nastro con suoni manipolati sia attraverso il registratore stesso che attraverso il computer. In questa bobina intravedo lo scheletro di alcune parti, una struttura utilizzabile, e da lì comincia un lavoro di cesellatura, di sovra-incisione, di composizione insomma. Può accadere che dello scheletro iniziale magari alla fine non resti nulla di sonoro, e resti invece tutto ciò che vi è stato costruito attorno.
Parto da una massa sonora, piΓΉ o meno eterogenea, che contiene giΓ una specie di struttura, che comincio a cesellare, a ridurre e ad ampliare con materiali sonori sempre piΓΉ specifici rispetto all'idea che si sta piano piano manifestando.
Poi spesso mi ritrovo con composizioni non finite, che non mi piacciono o che non trovavano spazio nel progetto in corso. Questi avanzi spesso trovano nuova vita in un nuovo pezzo, anni dopo. In ogni mio lavoro cβΓ¨ una stratificazione temporale di anni. In un lavoro di oggi, puΓ² saltare fuori una singola nota di chitarra che avevo registrato nel 2005.
Poi certo, ogni disco ha un po' la sua storia: per esempio lβultimo, βA Circle of Greyβ, Γ¨ molto piΓΉ βsinteticoβ dei miei lavori del passato. CiΓ² su cui sto lavorando adesso Γ¨ invece in larghissima parte mixato direttamente su nastro, con la tecnica del crayonage.
MM
A proposito della tua produzione attuale lo scorso anno hai pubblicato veramente tantissimo, spaziando anche molto nelle sonoritΓ e nello stile. Mi ha colpito per esempio la differenza tra le forme piΓΉ musicali dei dischi che hai pubblicato in coppia con Werner Dafeldecker ed Ecka Mordecai rispetto alla tua composizione in solo per Xong collection.
VT
SΓ¬, ho pubblicato veramente un sacco di dischiβ¦ da fine 2022 sono usciti βSay Goodbye To The Windβ, βLe Diable probablementβ con Dafeldecker e Mattin, βDer Kraterβ sempre con Dafeldecker e βChateau Mordecoliβ con Ecka Mordecai. Poi βCantor Parkβ con Stefano Pilia e βA Circle of Greyβ per Xong. Tra poco ne uscirΓ uno nuovo con Hanno Leichtmann. Riguardo la musicalitΓ , immagino tu intenda dire tradizionalmente musicale.Β βA Circle of Greyβ, a dispetto della tua percezione, Γ¨ invece a suo modo un disco di melodie. Certo, talvolta un po' nascoste in questo ambiente desolato, ma Γ¨ pieno di materiale melodico dallβinizio alla fine, diversamente da qualsiasi altro mio lavoro precedente.
Il disco con Werner di contro, nonostante l'uso del contrabbasso, non ha dentro nessuna melodia, e da un punto di vista timbrico e armonico e di concezione si risolve in una massa materica e sotterranea che prova ad elevarsi, ad astrarsi.Β Lo trovo un lavoro piΓΉ difficile.Β Sul lavoro con Ecka siamo invece d'accordo, ovviamente Γ¨ molto musicale anche in termini tradizionali.
Non sono collaborazioni scelte a caso, collaboro con musicisti che mi portino ad approcciare la musica in modo sempre diverso, per quanto possibile: quando suono con Hanno, ad esempio, si spalanca il magico mondo del ritmo, vero e proprio, e vengo trascinato verso direzioni che difficilmente intraprenderei da solo.
MM
Mi piaceva sentirti dire qualcosa su βA Circle of Greyβ. RicordoΒ anche il live di presentazione che fu a Firenze in cui suonavi vari device, analogici e digitali, e come avevi ampliato grandemente i brani finiti su disco.
VT
A βCircle of Greyβ ha avuto una genesi diversa da qualsiasi cosa abbia mai fatto, poichΓ© e un disco fatto propriamente su commissione.
Bisogna dunque partire da Silvia Fanti e Daniele Gasparinetti di Xing, realtΓ bolognese con cui collaboro a diverso titolo da ormai vent'anni. Ho curato con loro nei primo decennio di questo secolo una serie di concerti di musica sperimentale internazionale, βDesco Musicβ; abbiamo inventato insieme nuovi formati tra la performance (musicale) e l'installazione come Phonorama; o Hypnomachia, una serie di quelli che adesso si chiamano βsleeping concertβ, ma quando li facevamo noi non li faceva nessuno; naturalmente mi sono esibito varie volte nel loro spazio bolognese, Raum. Esperienze che hanno senz'altro contribuito alla mia crescita artistica, e hanno in certo qual modo rappresentato per me un trampolino di lancio.
Dicevo, Silvia e Daniele hanno dato vita ad una label, Xong collection β dischi d'artista: si tratta di un'etichetta βa progettoβ che comprenderΓ un certo numero di uscite, credo venti o trenta, per poi cessare di esistere. Le pubblicazioni, solo su vinile, sono affidate ad artisti della scena performativa italiana (e non solo) che lavorano a cavallo tra le discipline e con cui Xing ha avuto collaborazioni continuative nel tempo. L'etichetta alla fine mi sembra un grande ritratto sonoro della scena che ha ruotato intorno a Xing e che si Γ¨ delineata negli ultimi vent'anni. Tornando a me, ovviamente Silvia e Daniele mi hanno chiesto di creare qualcosa per questa occasione, e mi hanno dato, diversamente dalla mia prassi consolidata negli anni, una deadline precisa per la consegna del lavoro. Invero questa apparente limitazione - dovere completare il lavoro entro pochi mesi β si Γ¨ rivelata una grande occasione e, spero, una lezione per il futuro: meno ripensamenti e un'intenzione molto chiara.
Senza dilungarmi troppo sul disco in sΓ© β mi piace pensare che debba essere la musica a parlare - dirΓ² che lo considero personalmente tra i miei lavori migliori, e credo di essere riuscito in queste due facciate di candido vinile a sincretizzare in modo piuttosto chiaro e βcontemporaneoβ alcuni di quegli opposti alla base della mia ricerca sonora: alienazione ed empatia, frattura e continuitΓ , l'altrove e il qui ed ora... A pensarci bene, tutti termini che rappresentano anche la mia storia con Xing.
Per quanto riguarda il live ho, come Γ¨ normalmente mio costume, improvvisato, utilizzando i materiali presenti nel disco, ma ricombinandoli in modo diverso e con elementi estranei alla composizione originale.
Uso un campionatore, da cui faccio partire i suoni che manipolo e organizzo in diretta col registratore a bobine, e un CDJ con cui suono delle parti piΓΉ elaborate, piΓΉ composte se vogliamo, ma su cui perΓ² posso ancora intervenire in termini di pitch, durata etc. Questi sono gli strumenti che utilizzo: Revox, campionatore, CDJ e un riverbero.
MM
E a proposito, quanto cambia in questo processo di improvvisazione tra il processo compositivo e quello di esecuzione?
VT
Dal vivo improvviso per quanto possibile, nel senso che comunque il mio campionatore ha dentro un numero di suoni, veramente un numero sterminato, che poi vado a mettere insieme col Revox secondo la percezione del momento.
Nel mio metodo di composizione, si parte da qualcosa di simile, dal mettere insieme dei suoni attraverso il registratore a bobine e vedere cosa ne viene fuori, ma dopo c'Γ¨ tutta la parte, lunghissima, di composizione vera e propria, di scelta di questi materiali, di pulizia, di eliminazione, di stratificazione, di sovraincisione, di editing precisissimo e spesso estenuante. Naturalmente di principio l'uso del registratore a bobine, perlomeno per come lo uso io, lascia sempre spazio a molti imprevisti. Sia dal vivo che in studio. Molti suoni, molte strutture, anche, della mia musica, si manifestano da soli, senza che ci sia un'intenzione conscia. E' una cosa un po' medianica: metto in moto un processo in cui, eventualmente, qualcosa si svela.Β E questo credo che sia precipuo all'uso di questo tipo di macchine: lasciare le porte spalancate all'imprevisto...
MM
Certo, si metteΒ in conto lβimprevisto nel risultato, la creazione di quegli artefatti che possono venire fuori da quella manipolazione e diventa un unicum.
VT
Ci sono cose che faccio sui registratori di cui, per esempio, non posso neanche avere contezza mentre le faccio. Per esempio, la registrazione con lo scorrimento delle bobine a mano: intanto che registri ottieni i suoni che stai ascoltando, ma se dopo risuoni βnormalmenteβ, a velocitΓ fissa, la bobina, ecco che hai tutt'altri suoni, tutt'altra struttura, che non avevi mai sentito e non potevi sentire mentre li creavi. E lΓ¬ c'Γ¨ musica che hai fatto tu, la macchina e il caso.
MM
Unβaltra cosa che volevo chiederti era chi erano i riferimenti che avevi in testa quando hai cominciato a suonare a comporre e cosa pensi ti possa essere rimasto da questi ispirazioni?
VT
Quando ho cominciato, parliamo della metΓ degli anni β90 a me piaceva molto Bernhard GΓΌnter, un nome poi un po' scomparso dalla circolazione. Faceva questa musica concreta, elettroacustica, in cui era tutto molto piccolo, molto basso di volume, ma altresΓ¬ molto tattile. Da un punto di vista ritmico, o strutturale, aveva questo incedere quasi da prosa beckettiana. Fatta di pause, di attesa, di svelamenti.
MM
Volevo tornare sul disco che hai pubblicato per Xong perchΓ© collana ha questa forma abbastanza particolare. Sia nella sua direzione, nel riuscire a inserire artisti provenienti da pratiche diverse ma molto coerente nel suo svolgersi; e in questo formato solamente fisico che oggi sembra qualcosa di surreale, no? Cosa ne pensi? Sembra anche strano chiederselo, il fatto di dover mettere il disco sul piatto per riuscire a fruirneβ¦
VT
Cosa penso della inesistenza digitale dei lavori? Fossi stato io, non avrei mai fatto una cosa del genere. Ci vuole veramente coraggio, ma Silvia e Daniele sono dei pazzi, dei sognatori... Questa etichetta si configura un poβ come un'utopia, un luogo meraviglioso di musica al di fuori dei nostri telefoni.
MM
Ma tu che rapporto hai con il prodotto fisico?
VT
Non sono un collezionista di nulla. Proprio di nulla. Posseggo tantissimi dischi, presi soprattutto fino al momento in cui se volevo ascoltare la musica che desideravo, potevo solo comprarla, comprarla in CD.
Non sono un particolare fan del vinile di per sΓ©. Tra difetti e pregi, vi vedo molto piΓΉ difetti. Soprattutto la durata, questo limite di 18, 20 minuti per lato, per singola βesperienza sonoraβ.Β Γ una cosa che va bene per dischi fatti di tante canzoni, tanti pezzi, ma nel mio caso, molto spesso mi piacerebbe fare 40, 50 minuti, o anche di piΓΉ se Γ¨ il caso.
MM
Ricordo una polemica di Morton Feldman sul fatto che i compositori contemporanei si erano ormai standardizzati a far entrare i propri brani sulla facciata di un discoβ¦
VT
Sì, è una cosa gravissima, gravissima. E di cui mi vergogno, perché purtroppo non sono certo esente da questa standardizzazione.
CiΓ² nonostante, i CD non si vendono. Il mio disco su Shelter Press, βSay Goodbye To The Windβ Γ¨ uscito solo su CD, perchΓ© trattavasi di tre pezzi, di cui uno di quasi mezz'ora.
Ma se lβetichetta pubblica solo il CD, sembra quasi che abbia preso poco sul serio il lavoro, perchΓ© ci ha investito poco denaro. E dunque meno recensioni, meno βpostβ, meno visibilitΓ , meno concerti per gli autori.
Ovviamente la musica rispetto a questi discorsi sta da tuttβaltra parte.
MM
Che poi esistono etichette che stampano anche solo CD e sono serissime. PerΓ² Γ¨ vero, sarΓ lβestetica, sarΓ che Γ¨ un supporto un poβ retro, ma sono un poβ cortocircuitiβ¦
VT
Che poi il corto circuito Γ¨ quello che dice: βse lo devo avere in digitale, tanto vale che me lo scarico, che lo ascolto direttamente dalla piattaformaβ. Alla fine se devo spendere i miei soldi per un oggetto, voglio questa copertina grande, questo grande pezzo di plastica inciso con una tecnica un poco antiquata.
Certo che poi suonano spesso bene, ma ci sono varie cose che esistono nella musica, e tante di piΓΉ che esistono nella musica elettroacustica, che proprio sul vinile non le puΓ² proprio neanche fareβ¦
MM
Certo, alcune frequenze, spazializzazioniβ¦
VT
Suoni fuori fase, mix M/Sβ¦ Tornando a Xong, questa loro visione di fare solo il vinile e non avere alcuna presenza on-line del disco, mi sembra corretto. PerchΓ© in quel caso lβoggetto non Γ¨ piΓΉ un feticcio da collezione, un vinile che tengo chiuso per poi venderlo tra qualche anno su Discogs. Viene restituita al vinile la sua vera natura di supporto per musica, di oggetto da usare e non da collezionare.
MM
Il disco (in questo caso un vinile bianco come una βpaginaβ o una βscena da performareβ) Γ¨ anche il supporto fisico che conserva un gesto artistico, visto che Xing lavora con le live arts che sono effimere. Insomma, da un lato la creazione di artisti che forse non avrebbero mai fatto un disco, e dallβaltro lo stesso ascolto sul piatto diventa quasi esserci, un atto performativo.
VT
Diventa quasi performativo, certo! Ma ormai siamo in un'epoca in cui tirare un oggetto fuori da una custodia per metterlo sopra un ingombrante meccanismo, tirare su un braccetto, metterlo nel solco, Γ¨ proprio tanta roba rispetto allaΒ sequenza dei click, anzi, dei vaghi strofinamenti, che fanno tutta o quasi la nostra esperienza quotidiana.
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IL DISCO DEL MESE
Six and Forty-Six - Riccardo La Foresta & James Ginzburg (Svbkvlt)
Ideato come atto installativo per lβedizione 2022 al RoBot Festival di Bologna, βSix and Forty-Sixβ racchiude in studio lβesperimento di Riccardo La Foresta e James Ginzburg. In un dialogo tra il drummophone, strumento creato da La Foresta con un insieme di grancasse suonate tramite aria compressa per creare droni, e un cordofono automatizzato di James Ginzburg, questa testimonianza su disco riesce perfettamente a ricreare una stanza dβascolto in cui i due suoni si modulano e affinano la loro conversazione musicale.
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UMIDO - La tua musica non mi interessa
di Pietro Michi
Lβattesa Γ¨ accompagnata dalla musica, lβalimentazione Γ¨ accompagnata dalla musica, il divertimento Γ¨ accompagnato dalla musica, i cambi di palco sono accompagnati dalla musica, la scelta dei calzini da comprare Γ¨ accompagnata dalla musica.
Ma se io non la volessi? Se preferissi sentire i miei pensieri, quello che dice la persona accanto a me, il suono della centralina elettrica?
Se non mi andasse di urlare mentre mangio per superare il volume delle urla altrui, che a loro volta cercano di superare il volume della musica?
Semplicemente non mi va. Probabilmente cβΓ¨ chi dice che questa pratica svaluta lβascolto della musica intesa come arte, o cβΓ¨ chi supporta i lavoratori che vogliono la musica nel proprio locale, da cui traggono il ritmo della giornataβ¦ A me semplicemente non va.
Vorrei essere consenziente, vorrei decidere di mettere musica con i miei amici, per noi, andare a un concerto, a una sessione di ascolto.
Fosse almeno musica alla βMuzakβ... Fosse che negli aeroporti mettessero in diffusione βAmbient 1: Music for Airportsβ di Brian Eno... Invece spesso ci sono le canzoni, gente che parla o urla in diffusione nello spazio condiviso, per qualcuno Γ¨ anche piacevole o Γ¨ solo accettato?
Non biasimo chi si reca ad esempio in dei pub specifici appositamente per la selezione musicale, anche se personalmente preferisco unβattrazione, come un live, un dj set, un installazione o qualcosa del genereβ¦
Ci sono siti, coach, app, che si basano primariamente sulla promessa di βsonorizzare la tua attivitΓ β, tra i requisiti: avere un impianto adeguato che raggiunge uniformemente ogni spazio della tua attivitΓ . (presupposti per un trip ansiogeno senza fuga).
Forse Γ¨ giunto il momento di sfidare l'idea che la musica debba essere sempre presente e di abbracciare una prospettiva in cui il silenzio e la libertΓ di scelta possano coesistere senza compromessi.
Forse, in un futuro prossimo, potremo godere di ambienti in cui la musica sarΓ apprezzata come un'esperienza consensuale e non imposta.
Top 3 musiche che mi traumatizzano in ambienti condivisi: Classici del Rock, musica con cantato in italiano, la musica che permette ad altri di cantarla.