François Bayle Dub Smash King:
appunti su alcune questioni della musica dal vivo
di Francesco Toninelli
Il problema della musica dal vivo si Γ¨ complicato relativamente di recente: sicuramente dopo la nascita del fonoautografo, del fonografo, del registratore a filo, del cilindro di cera, del disco di Berliner, del disco microsolco, degli altoparlanti e forse persino dopo la diffusione del nastro magnetico.
Quando ci siamo ritrovati ad avere oggetti (microfoni - preamplificatori - nastro magnetico - amplificatori - altoparlanti) che potessero catturare e proiettare nello spazio una performance musicale con abbastanza verosimiglianza da poter ingannare un pubblico ad occhi chiusi, un po' come con il treno dei Lumière è nata una messa in discussione della realtà della percezione che influenza egualmente Michael Jackson, i Pan Sonic o Maine Mendoza.
Questo suono così vero (ovvero così falso) che potrebbe aver rischiato di cancellare l'esperienza del concerto, della musica dal vivo, si è invece da subito fatto industria con essa, cambiando però radicalmente le aspettative e gli orizzonti percettivi dei fruitori. Gli strumenti che permettevano di creare l'illusione della performance musicale vennero in quattro decenni riconosciuti come strumenti creativi a tutti gli effetti portando alla nascita della musica elettroacustica e a un nuovo modo di comporre la tradizionale musica per strumenti e voci, creando con lo studio di registrazione: per la prima volta le opere sonore non sono pensate per la performance dal vivo o per la realizzazione di una sua fedele immagine.
CiΓ² fa emergere una seconda e diversa complicazione, legata all'impossibilitΓ di poter eseguire dal vivo piuttosto che alla possibilitΓ di farne a meno: il lip sync nasce nel momento in cui diventa credibile, l'acousmonium risponde invece ad una nuova necessitΓ , ma l'origine di entrambi Γ¨ legata alla registrazione e alla riproduzione del suono e ad una forma di simulazione, di inganno. Mentre i Beatles presto si dedicano completamente a questa nuova attivitΓ e nel 1966 abbandonando i palchi, al GRM di Parigi si ha invece molta voglia di divulgare al pubblico questa musica per altoparlanti.
Senza stare a scomodare tutte quelle forme artistiche che nascono come esplicitamente multimediali come l'opera lirica o il live A/V, si puΓ² dire che quasi tutta la musica dal vivo fino al secondo dopoguerra non incontri il problema di mettere in discussione le proprie modalitΓ , poichΓ© si dΓ per scontato che uno o piΓΉ musicisti imbraccino gli strumenti ed eseguano delle composizioni scritte o memorizzate oppure improvvisino con elementi idiomatici.
Dalla nascita degli elementi discussi sopra emergono i problemi di portare nel contesto della musica dal vivo:
βΒ Β Β Β Β Β Musica che nasce per gli speaker. Rientra in questa categoria la musica semplicemente pensata per questa destinazione ma anche la produzione acusmatica, la musica che non vuole mostrare le fonti dei propri suoni, ad esempio quella di Pierre Schaeffer e scuola.
βΒ Β Β Β Β Β Musica che Γ¨ impossibile da suonare dal vivo. Rientrano tra le altre in questa categoria tutta la musica elettronica degli inizi, il collagismo, alcuni casi estremi di musica strumentale ma anche tutta la musica con una discrepanza tra le risorse a disposizione e quelle necessarie per una sua realizzazione dal vivo: nonostante la popolaritΓ Tina Turner e Ike difficilmente avrebbero potuto portare in tour i 21 musicisti che registrarono River Deep β Mountain High.
βΒ Β Β Β Β Β Musica che se suonata dal vivo Γ¨ identica alla sua versione registrata. Un amico rammentava recentemente un concerto del 2016 dove i Verdena eseguirono da capo a fondo il disco con il click in cuffia. Rimane comunque una differenza nell'esperienza acustica e altri aspetti che vedremo dopo.
Queste classi di problematiche non sono mutualmente esclusive: se ad esempio prendiamo in analisi la musica del disco Third Law del produttore inglese Roly Porter abbiamo un lavoro acusmatico nato per gli speaker, che a causa del numero di oggetti sonori simultanei necessiterebbe un grande ensemble di sintetizzatori e sampler per essere eseguito dal vivo e risulterebbe in qualcosa di identico a ciΓ² che si puΓ² sentire nel disco, data la mancanza di spazio di variazione causata dalla concatenazione serrata degli eventi.
A tutto ciΓ² si aggiunge un problema piΓΉ peculiare: a dire dello stesso Porter la qualitΓ e la precisione di un suono con svariate ore di sound design, mixing e mastering alle spalle rimangono per lui prioritΓ insubordinabili agli aspetti della musica dal vivo.
Posti questi problemi Γ¨ necessario chiedersi perchΓ© certa musica non venga semplicemente riprodotta tramite gli altoparlanti in una sessione di ascolto; penso che la risposta risieda nel set di valori che il concerto si porta dietro, congruente con i motivi che portano le persone ad uscire e percorrere chilometri per sentire un artista:
- Creazione musicale dal vivo (improvvisazione), irripetibile e diversa da qualsiasi performance registrata.
- Esecuzione di qualitΓ di musica esistente (scritta con sistemi di notazione o memorizzata), ovvero il trovare piacere nel sentire un'esecuzione fedele di un pezzo di musica che si conosce o di cui si conoscono abbastanza i presupposti da poter riconoscere un errore (ad esempio una stonatura in un pezzo di musica in temperamento equabile), o di una versione con delle leggere differenze che mantengono la riconoscibilitΓ
- Esperienza acustica non ordinaria, suddivisibile in: differenza della diffusione del suono in uno strumento rispetto alla diffusione dello stesso suono attraverso degli altoparlanti; volume e risposta in frequenza piΓΉ estesi dell'ascolto domestico; qualitΓ dell'acustica della stanza; ascolto tramite sistemi multicanale e immersivi
- Aspetti extra-sonori, compresa la semplice presenza fisica dei musicisti
- SocialitΓ
Questi valori si articolano e combinano in modo molto diverso a seconda dei contesti musicali e sociali: lo stesso valore puΓ² essere in cima alla gerarchia di un genere ed essere irrilevante in un altro.
Nella musica classica occidentale c'Γ¨ grande attenzione alla qualitΓ dell'esecuzione della composizione, in una perpetua tensione tra ciΓ² che Γ¨ e ciΓ² che dovrebbe essere, a cui si aggiunge un'esperienza acustica non ordinaria spesso legata ai luoghi (teatri, auditorium) e talvolta quella strana forma di teatro fatta con l'esasperazione dei gesti degli interpreti come componente visiva.
Per quanto riguarda la musica rock e pop l'industria si Γ¨ concentrata innanzitutto sulla socialitΓ e sulla multimedialitΓ (in tutte le sue forme, dalla semplice esasperazione del gesto del musicista, alla coreografia, il disegno luci, fino alla diffusione di odori), sostenute dalla straordinarietΓ dell'esperienza acustica; l'aspetto che riguarda l'esecuzione Γ¨ analogo alla musica classica.
Per quanto riguarda la musica elettroacustica nel senso ampio del termine le soluzioni sono state nel tempo tante ma spesso analoghe, prime tra tutte la realizzazione di composizioni con sintetizzatori e processori e la diffusione acusmatica multicanale di pezzi su supporto fisso; elenchiamo alcune di queste modalitΓ guardando ad alcuni casi contemporanei (principalmente a cui ho assistito in prima persona, alcuni discussi direttamente con gli artisti), senza tentativi di sistematicitΓ ed esaurimento dell'argomento o delle pratiche degli artisti citati, ma concentrandoci sullo stimolare riflessioni riguardanti i problemi concettuali e pratici citati in precedenza. Di conseguenza non si parlerΓ ad esempio di artisti che eseguono o improvvisano utilizzando solo il sintetizzatore o altri strumenti elettroacustici senza sovraincisioni tanto dal vivo quanto in studio in quanto si tratta di un caso strutturalmente identico alla musica basata su strumenti tradizionali.
Alcuni assi parametriche da tenere a mente sono: interpretazione di una composizione vs improvvisazione; congruenza o meno tra pratica compositiva e performativa; scelta degli strumenti e dei dispositivi di controllo; ruolo attivo o di controllo del performer.
Innanzitutto c'Γ¨ chi ha accettato la superfluitΓ dell'azione dal vivo e si limita ad essere retribuito per premere play dal laptop: un esempio celebre sono i Pan Sonic.
Un passo in piΓΉ viene fatto da chi pratica il live mixing: i pezzi vengono suddivisi in tracce sovrapposte per poi mixarle dal vivo: se lo si fa operando un classico mixer analogico ad esempio si potranno controllare volume, posizione nel panorama stereofonico ed equalizzazione. In questo caso il ruolo del performer Γ¨ tendenzialente di arbitro acustico calato nella problematica dell'impossibilitΓ di normare le condizioni di riproduzione - la musica viene adattata allo spazio e al contesto specifico β ma niente vieta un uso creativo ed improvvisativo di questo approccio minimale. Alcuni esempi possono essere Jacob Kirkegaard, Rudolf Eb.er, Dialect.
Da non confondere con il termine mixing nell'ambito del DJing, che Γ¨ di fatto piΓΉ vicino al live editing, ovvero l'assemblaggio dal vivo di materiale preregistrato tramite giustapposizione o sovrapposizione; vengono in mente i Prison Religion, ma anche Ottaven che con due deck mette, toglie e sovrappone cassette.
Una pratica da una parte piΓΉ attiva, dall'altra di minore impatto globale Γ¨ quella di occuparsi dal vivo di generare o modificare solo una porzione del materiale e riprodurre il resto da supporto fisso senza variazioni; la proporzione tra le due componenti puΓ² variare molto e portare a esiti diversi: strutturalmente non Γ¨ niente di diverso da un gruppo rock con una backing track di elettronica, ma guardando ad esempio al giΓ citato Roly Porter o ad Aho Ssan il rapporto del materiale impiegato Γ¨ invertito, laddove il gruppo rock si occupa dei riff e lascia alla backing track le componenti ambientali e di minore gravitΓ e i due elettronici manipolano dal vivo il materiale piΓΉ liquido e malleabile lasciando al supporto fisso tutto ciΓ² che determina tempi e struttura.
Questo approccio condivide molti aspetti con chi decide di utilizzare strumenti dal vivo che sostituiscano alcuni elementi compositivi elettroacustici o vadano ad aggiungersi ad essi - vengono in mente i Myxomy, Sofie Birch, Marina Herlopp, ma non Γ¨ questa la sede per sviscerare le implicazioni dell'interazione tra strumento musicale e pratica elettroacuastica.
Alcuni artisti si concentrano poi su un'idea che nasce grazie ai mezzi elettronici diffondendosi in seguito anche all'ambito puramente strumentale, ovvero il live processing: che si tratti di catene di effetti analogici, pedali o DSP Γ¨ qualcosa che differisce dalle pratiche giΓ citate perchΓ© dΓ la possibilitΓ di intervenire anche sulla globalitΓ del suono senza rinunciare alla sicurezza e precisione della riproduzione dei file o altri supporti fissi. Ad oggi le possibilitΓ del live processing vanno ben oltre semplici azioni nel dominio del tempo, della frequenza e della dinamica (filtri, compressori, delay, riverberi, distorsori, ecc.) e si spingono ad esempio fino a operazioni di style transfer con l'impiego di reti neurali.
C'Γ¨ poi la soluzione del GRM, dove con l'invenzione degli βensemble di altoparlantiβ si sposta l'agenza del performer all'ultimo livello della catena elettroacustica: il suono viene proiettato e spostato tra piΓΉ altoparlanti, laddove nell'Acousmonium di FranΓ§ois Bayle l'idea Γ¨ di emulare l'orchestra posizionandone in gran numero su un palco, mentre nei sistemi multicanale immersivi si va a plasmare la percezione stessa dello spazio. Molti sistemi contemporanei combinano i due approcci.
Nella maggioranza dei casi, oggi tutte queste pratiche vanno a unirsiΒ e sovrapporsi in svariate forme, rispondendo a necessitΓ e desideri degli artisti e degli ascoltatori in relazione ai problemi e ai valori discussi nella prima parte e influenzando anche scelte musicali e di selezione degli strumenti: anche se potenzialmente identici come funzione, non possiamo negare che sia diverso vedere un artista che tocca il trackpad di un laptop ed uno con un tavolo pieno di controller.
Due esempi di forme sincretiche possono essere Valerio Tricoli che improvvisa con il suo ecosistema CDJ, sampler, registratore a bobine e mixer, oppure Francesco Cavaliere che sdraiato a terra con laptop, una tastiera e un microfono diffonde il suono tramite speaker posti in tre trombe di vetro.
Chiuderei il cerchio parlando di artisti che accettano l'impossibilitΓ o la superfluitΓ di un intervento musicale dal vivo ma invece di accontentarsi della propria presenza fisica sul palco si dedicano completamente alla transmedialitΓ , entrando fortemente nell'ambito delle arti performative e spesso limitando il suono alla riproduzione delle tracce (magari quelle del disco): Γ¨ il caso ad esempio di S280F o The Caretaker.
Rimanendo in ambito transmediale si potrebbe gettare luce su tutti quegli artisti di estrazione sonora che coinvolgono il suono registrato in performance che potremmo dire totali dove esso Γ¨ solo uno degli elementi in interazione, non necessariamente protagonista (penso alle performance di Luciano Maggiore e Louie Rice), ma si entrerebbe in due ambiti che vorrei escludere da questi appunti: la forte separazione della pratica in studio da quella dal vivo e la performance sonora non ascrivibile all'ambito musicale.
Nondimeno esperienze di questo tipo aiutano a riflettere sulla grande relativitΓ dei contenuti in base a contesto, presentazione e narrazioni, ovvero alle aspettative che i fruitori proiettano sullo spettacolo e come queste influenzino la percezione di forme potenzialmente identiche (lo stesso spettacolo Γ¨ diverso se presentato in ambito musicale o di arti performative) o al modo in cui le soluzioni si connettono alle specifiche estetiche degli artisti e del contesto in cui operano ben al di lΓ dei problemi sonori; si potrebbe parlare di come ci siano live da festival, da venue, da galleria o site specific, ma preferiamo concludere apprezzando come la nascita dei mezzi di registrazione e riproduzione abbia portato ad una forte espansione degli orizzonti percettivi della categoria concerto e ad una fruttuosa dissoluzione dei confini tra pratiche artistiche.
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Questo mese ho voluto portare una breve intervista, che potremmo definire intervista suggestiva, in dialogo con Tommaso Di Spigna, anche detto Spugna, autore e illustratore di fumetti. Un urgenza nata principalmente dopo aver letto una sua opera del 2017 (forse la piΓΉ famosa) βThe Rust Kingdomβ, le cui pagine mi hanno particolarmente affascinato, mondi inspiegabili, corpi assurdi e creature informi.
Ciao, grazie mille per avermi risposto ed essere qui! Se vuoi presentarti e descrivere il tuo lavoro, questo Γ¨ il momento di parlare di forma e proforma.
Ciao! Grazie a te dellβinvito. Sono Spugna e faccio fumetti, questo in realtΓ dice giΓ tutto. Per andare leggermente piΓΉ nello specifico, di solito faccio fumetti con mostracci che si menano.
Mi piacerebbe sentire qualche tua breve parola sul mondo del fumetto indipendente, sulle autoproduzioni e infine su Hollow Press, che mi sembra sia la casa piΓΉ naturale per un progetto come il tuo.
Ora come ora non Γ¨ mai stato cosΓ¬ facile fare fumetti, anche nel cosiddetto fumetto βindipendenteβ. La parte difficile e cruciale ormai Γ¨ ottenere l'attenzione di lettori onnivori e abituati ad un consumo bulimico e spesso disattento di miliardi di storie, tra fumetti e altro. Da quanto ho cominciato il mio percorso ho sempre fatto solo i fumetti che avrei voluto leggere io in primis come lettore, senza pensare a una eventuale βnicchia di mercatoβ o altro. Questo mi ha permesso di poter essere subito molto riconoscibile e personale, e fortunatamente mi ha premiato sia autoproducendomi che con etichette piΓΉ o meno indipendenti, dandomi la possibilitΓ di poter sempre fare "il mio" e crearmi un seguito agguerrito ed entusiasta.
Hollow Press Γ¨ la casa perfetta per condurre la parte del mio percorso piΓΉ autoriale, quella piΓΉ rischiosa e complessa, dove quasi sempre comincio progetti che non so precisamente dove mi porteranno. Γ un'etichetta volutamente dark, weird, fantasy e underground, Γ¨ letteralmente il mio editore preferito, ma che non sapevo di volere in questi precisi termini prima della sua nascita. Come tutte le cose geniali, vista in retrospettiva viene solo da pensare "va beh, ma Γ¨ ovvio! No?"
Nei tuoi lavori, rimango affascinato dai corpi, ogni tanto mi pare di scorgere il Barone Harkonnen (nella versione cinamatografica di Lynch) in una veste da comics, pupazzosa, ricucita, allβinterno di una puntata di Adventure Time. Effetti speciali alla Cronenberg, scene dβazione alla stregua di un manga, estetica weird culture e personaggi caricaturali. In sostanza mi pare di osservare pupazzi di carne, di cui potrebbe esistere un peluche fatto di tessuti animali e cucito con dei fili di lana. Da una parte ci vedo una spropositata forza e mostruositΓ , ma dallβaltra una fragilitΓ , come se potesse rompersi tutto. Mi farebbe molto piacere sapere qualcosa sulla tua visione della carne e il tuo rapporto con questa.
La Carne effettivamente Γ¨ uno dei temi che ricorrono ossessivamente nei miei lavori. Proprio dal piacere che mi dΓ disegnare figure strambe e pupazzose, ma crescendo ho integrato questa passione infantile con un gusto e una ricerca sul senso della corporalitΓ e la sua degenerazione. Da ragazzino le opere di Cronenberg, la Cosa di Carpenter, i quadri di Otto Dix e di Bacon mi hanno cambiato per sempre. Siamo scimmie evolute che hanno creato concetti come "anima" e "spirito", sperando di essere fantasmi che pilotano un corpo fisico, ma intimamente credo che in realtΓ siamo solo miracolose sacche di organi ambulanti, e basta. Questo pensiero materialista sembra cinico e spietato, ma dal mio punto di vista amplifica tutto, rende la realtΓ infinitamente piΓΉ terrificante ma anche l'esperienza umana infinitamente piΓΉ bella e preziosa.
Vorrei fare un ultima domanda riguardante lβapocalisse, che tocca non solo i fantastici mondi quasi alla Kenshiro di Rust Kingdom ma anche lβopera piΓΉ recente con Feltrinelli βLa Quarta guerra mondiale". Sfrutto questa domanda anche per ampliare il piccolo scritto che ho realizzato il mese scorso riguardo alla fine del mondo. Nei tuoi lavori non cβΓ¨ paura di far vedere il marcio, le distopie, la fine del tutto. CβΓ¨ un qualche significato, una motivazione specifica? Come affronti le piΓΉ realistiche prospettive apocalittiche al di fuori dei fumetti?
PiΓΉ che un significato per me raccontare "la fine" Γ¨ molto semplice, rilassante. Posso creare qualcosa e portarlo subito alla sua conclusione. Credo che sia nelle trasformazioni irreversibili che una storia possa essere davvero interessante. Invece, come vivo con il pensiero costante di una probabile apocalisse? Beh, male. Forse c'Γ¨ un grosso problema di sfiducia della mia generazione, ma ormai da parecchi anni vivo con la sensazione abbastanza concreta che probabilmente assisterΓ² ad un qualche tipo di tracollo entro la mia vecchiaia. Da moccioso guardavo Kenshiro e crescendo ho letto e visto infinite apocalissi possibili, quindi sicuramente una parte di quelle narrazioni mi ha "educato" a questo.
L'umanitΓ resta anche una cosa meravigliosa ma forse sotto sotto non ho tutta questa fiducia, diciamo che mi coccolo nel pensiero della mia irrilevanza. Anche questo da un lato puΓ² essere un pensiero terrificante, ma a me da grande sollievo. Poi faccio la raccolta differenziata eh, ma forse perchΓ© sono un cagacazzi.
Ci consigli un album come colonna sonora di βThe Rust Kingdomβ? Cercando tra la musica piΓΉ nascosta che ti viene in mente?
Come ascoltatore sono un cagnaccio indisciplinato, ma direi che casca a fagiolo un nome scovato nel mio ascoltare roba a caso su YouTube. L'album "The Valley" di Blvck Ceiling.