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Rumori dalle montagne di Giava: una selezione di gruppi della scena di Bandung
di Luigi Monteanni
Quella di Giava ovest e Bandung in particolare è un’area bizzarra dell’arcipelago indonesiano. Fuori da Giacarta, che si becca la notorietà puramente perché capitale e sogno collettivo della categoria grattacielo distopia 2023 nonché forse prima metropoli a sprofondare nelle acque (impressionantemente prima di venezia), poco in quelle parti dell’isola è conosciuto quando si parla di musica contemporanea. Tutti hanno sentito parlare della scena di Jogja: di Senyawa, Yes No Wave, Jogja Noise Bombing, Raja Kirik, Indra Menus e Y-dra. Tutti conoscono Bali praticamente solo per Ravepasar e Gabber Modus Operandi e pur essendoci anche scene e microscene completamente sconosciute in Sulawesi, Kalimantan, Papua e Sumatra, rimane comunque più strano che una delle città più importanti della storia Indonesiana e con una delle scene più attive del mondo sia così poco esplorata.
Giusto per dare un minimo di contesto e far comprendere il peso di quella che fu chiamata la Parigi di Giava dai colonizzatori olandesi, Bandung è stato il luogo a dare il via a una coscienza controculturale di quello che allora poteva ancora essere chiamato terzo mondo, ospitando nel 1955 la prima conferenza afroasiatica su larga scala (Konferensi Asia-Afrika) - nota anche come Conferenza di Bandung: un ritrovo di stati asiatici e africani, la maggior parte dei quali di recente indipendenza. Gli obiettivi dichiarati della conferenza erano la promozione della cooperazione economica e culturale afroasiatica e il rifiuto di qualsiasi tipo di colonialismo o neocolonialismo. Un'operazione che in maniera molto diversa riecheggia forse nelle recenti collaborazioni tra Nyege Nyege e tutta quella scena asiatica, soprattutto indonesiana di cui siamo stati testimoni negli ultimi anni.
Certo è che l’importanza di questa città non si ferma minimamente agli accordi governativi e alla diffusione dell’ortodossia islamica, ma continua sin dagli anni settanta con alcune delle star nazionali più amate dal popolo indonesiano. Ritenuta la metropoli degli artisti per eccellenza, Bandung fu la prima ad ospitare un’università d’arte e tecnologia, l’ITB, che aveva educato anche il primo presidente dell’arcipelago indipendente, Sukarno. Da allora l’indigenizzazione del rock, del funk e del prog ha generato fenomeni come il dangdut di Rhoma Irama (genere più amato tra Indonesia e Malesia), l’art rock di Harry Roesli e la sua Philosophy Gang, le canzoni di protesta di Iwan Fals, l’ethnoprog dei Krakatau, il funkot (house + dangdut) di Barakatak e forse la band più conosciuta nel mondo a provenire da Bandung, i Sambasunda, collaboratori nel tempo di Womad, Camel e addirittura del videogioco Kabaret.
Un altro fatto interessante e decisamente più vicino alla nostra era è che per molti versi Bandung è stata la città ad aver generato, nutrito e diffuso la cultura punk e metal all’interno dell’arcipelago. Se ad oggi esiste una scena death metal a Bali, Kalimantan e affini, pare lo si deva a questa. Un fatto che non è stato solamente sbandierato dalle persone che ho intervistato durante la mia ricerca, ma che è stato confermato dalla lettura dell’ottimo libro di Emma Baulch “Making Scenes” (scaricabile illegalmente su Jstor con SciHub). Spingendoci ancora più in là, pochi sanno che ad oggi Bandung potrebbe essere la città con più band metal al mondo, costituendone la scena più grande e attiva (218 secondo un sondaggio del 2018). Basti pensare che I Burgerkill sono stati classificati quattordicesimi nella lista di Metal Hammer delle cento migliori band metal del mondo. È anche vero che secondo la stessa lista le Babymetal si classificano decime, quindi non lo so, fate di questa informazione ciò che volete.
Parlando poi di Indonesia sperimentale, qualunque cosa voglia dire, nel tempo recente abbiamo visto la pubblicazione del duo Tarawangsawelas su Morphine Records che ci ha regalato ben due tour europei in cui hanno potuto diffondere la loro idea espansa del Tarawangsa (evitare attentamente di usare espressioni tipo la musica sacra di Giava ovest etc. etc.) e la partecipazione a Europalia dei Karinding Attack: band di strumenti regionali sundanesi in bambù contenente membri di Jasad e Sarasvati.
Ad oggi la città di Bandung ospita forse le scene più attive di tutto l’arcipelago. Nei due mesi e mezzo che sono arrivato, fino al Ramadan dove suonare diventa praticamente illegale, ho visto da un concerto ai tre al giorno e ho partecipato ad eventi organizzati da Tanjungsari Records, Extramonium Klub, Rumah Pirata (e il loro festival di musica su un’isola senza la polizia - devastante) e Maternal Disaster. Insomma, Bandung è un casino e succede un sacco di roba, anche se poi a noi ne arriva relativamente poca. Per questa ragione di seguito elenco una serie di progetti meno conosciuti o del tutto sconosciuti fuori da Giava e l’Indonesia.
Xin Lie
Xin Lie, Odih per gli amici, è il project manager di Maternal Disaster, marca di vestiario che dal 2003 supporta la scena punk, metal e estrema in generale sponsorizzando eventi di vario tipo attorno la città. Uno dei pochi originari della città di Bandung e non delle sue periferie, dopo essersi fatto le ossa nel giro hardcore punk ha deciso che voleva imparare a fare il DJ e a produrre su Ableton nel 2017, quando ha iniziato a smanettare, così da realizzare la sua prima traccia acid nel 2018 e proseguendo con quelli che sono i suoi due ultimi ep nel 2021 e 2022 fatti uscire da solo e su NON Archive.
Quella di Xin Lie è una bass music costruita tutta su manipolazioni e adattamenti poliritmici del dogdog: il set di pecussioni sundanesi utilizzate nella mia performance cerimoniale di possessione preferita, il réak. L’idea gli è venuta mentre guardava una performance réak a Rancaekek, dove ha pensato che l’energia e i pattern del dogdog potevano prestarsi perfettamente come materiale sperimentale nel campo delle produzioni elettroniche. L’energia e l’elasticità improvvisativa insieme al ritmo comunque regolare dell’ensemble gli ha consentito di costruire un ponte invisibile che collega le tradizioni regionali col dancefloor transnazionale.
Attenti che se siete proprio total simp di arrivare alla roba prima di altri questa è una cosa che potreste vedere in futuro su etichette tipo Svbcvlt e affini. Senti che bombarda.
Kuntari
Quando ho incontrato Tesla sei anni fa a Bandung era perchè Heith aka Daniele Guerrini cercava uno studio dove registrare un album con Teguh Permana di Tarawangsawelas. In quel periodo girava ancora principalmente come chitarrista tra il jazz e la sperimentazione. Non appena me ne andai lessi su Facebook che stava iniziando a suonare la tromba da autodidatta e cercava consigli. Mai avrei potuto immaginare che da lì a cinque anni avrebbe fondato uno dei miei gruppi preferiti a Bandung e a quanto pare uno dei favoriti della scena sperimentale recente a Giava.
Mentre Tesla ha ricostruito il suo sound da zero armandosi di un set di sequencer e macchine affini, la tromba e la sua fidata chitarra, il fratello ha contribuito con il suo armamentario espanso di batteria che comprende dei piccoli gong e percussioni addizionali. Con i loro pezzi che sono degli insiemi densissimi di ritmiche, fiati effettati a cui sono state conferite dimensioni e spazi che normalmente non avrebbero e droni sintetizzati fuori da ogni nota possibile, quello che Kuntari realizza è un ambiente selvaggio di pura energia che preda dal jazz senza mai farsi accalappiare dal guinzaglio del genere.
I pensieri alle foreste, al regno animale e alle loro mistiche tanto evocate in Indonesia non sono nemmeno fuori luogo qui, visto che il gruppo si ispira alle ritmiche dell'Hadrah Kuntulan di Banyuwangi e al Sar Ping/Barongsai fino a cercare di imitare i richiami di animali e creature mitologiche. Se sentite il corno, corretegli incontro o scappate, ma non restate fermi.
Ensemble Tikoro
Robi Rusdiana è un insegnante di contrappunto classico all’università e ormai una decina di anni fa se non vado errato, dopo aver militato in band come Divine Blackness, decide di fondare un coro di cantanti metal portando insieme vari vocalist della scena locale come Glenn Bloodgusher dei nuovi Warkvlt.
Quello dei cori vocali di metal è un fenomeno che a quanto pare è in ascesa, ma se proprio ci vogliamo attaccare alla cronologia come metro del trve (sicuramente in Norvegia lo farebbero) gli Ensemble Tikoro (Ensemble Gola in lingua sundanese) potrebbero essere i primi. Questo ovviamente è opposto dall’umile Robi che a questa domanda da parte mia ha risposto che i cori metal sono sempre esistiti fin dall’antichità. Ovviamente questo tipo di sperimentazione vocale, nella sua prospettiva, apparteneva ai guerrieri o agli sciamani o ai cacciatori ed è stato solo dopo appropriato dai metallari, che non per niente spesso si ispirano a quel tipo di formazioni sociali. Da parte mia risponderei che questi tipi di persone probabilmente non utilizzavano delle tecniche precise come quelle che il metal ha codificato, e sicuramente non eseguivano pezzi che sono scritti dal conduttore dell’ensemble su partitura.
Sì, perché Ensemble Tikoro esegue le proprie canzoni guidato da Robi come direttore d’orchestra in una maniera abbastanza classica. Le loro prove, a cui ho avuto il piacere di partecipare, sono aperte a tutti ma assolutamente disciplinari: dopo aver provato tutte le tecniche estese del metal dallo screech al growl al fry, ognuno con la propria partitura si provano i pezzi, che hanno spesso toni ironici e sono tutti in sundanese, la lingua locale di quasi tutta Giava ovest. Tra i temi esplorati, tutti i modi che i sundanesi hanno per dire che sono caduti (spoiler, ne hanno un botto), polimetriche vocali per dire la parola clitoride o una serie di suoni che imitano i vocalizzi dei guidatori di angkot, il trasporto pubblico tradizionale indonesiano.
Sebbene abbiano anche performato in Australia con la coreografa Lucy Guerin, non conoscere gli Ensemble Tikoro è una cosa alquanto normale, visto che sono troppo trve per fare un disco, e le poche cose che hanno registrato circolano solamente su dei CD-R che Robi fa per gli amici che glielo chiedono, gratis. Anche se siamo stati fortunati a ricevere un pezzo per una nostra compilation, alla richiesta di fare un album insieme Robi ha risposto: “Faremo uscire un album solo con un etichetta fondata da qualcuno che ha supportato e partecipato al gruppo per molti anni, altrimenti non ne sentiamo il bisogno”. Beh, che dire, LONG LYF TRVE SUNDANESE METAL!
Fahmi Mursyd
Il suo Bandcamp conta la cifra impressionante di 122 album largamente autoprodotti ma anche pubblicati da etichette come Sounds Against Humanity, Post Global Recordings e Ultraviolet Light. Una delle uscite per cui è stato maggiormente conosciuto è forse quella delle “one instrument sessions” in cui l’artista ha decostruito il suono di strumenti come il kendang, il karinding e alcuni metallofoni del gamelan. Se da un lato però non è l’unico album in cui Mursyd ha decostruito e rielaborato il suono e timbro di singoli strumenti e scale, dall’altro questa pratica è stata tanto esplorata quando quella di collaborare con interi gruppi ed ensemble per ottenere lo stesso tipo di effetto straniante e fuori dai cliché auto-esotizzanti.
Fondamentalmente quella di Fahmi Mursyd è una ricerca che sfrutta le tecniche e i mezzi offerti dalle tecnologie elettroniche della produzione e manipolazione del suono – principalmente quelli della sintesi modulare, del codice e degli algoritmi audio – per interrogare le fonti di suono e i loro rapporti con i musicisti riguardo l’identità, l’etnia e la cultura. L’ibridità sviluppata da Fahmi Mursyd è quella di un suono che incastra e mescola le categorie ambigue di natura, cultura e artificio tecnico alludendo sempre a qualcosa di altro. Qualcosa che indica come la storia, i contesti e l’ideologia formano e riformano la nostra musica.
Deathless / Parakuat
Con mia grande sorpresa ho scoperto che la comunità di modulari a Bandung e Giava ovest è quanto mai recente. Indomodular, collettivo fondato solo nel 2017 da pochi affezionati che avevano affilato le proprie armi su VCV Rack, oggi lavora per diffusione di conoscenza e la costruzione di reti di sperimentazione tra musicisti interessati a questo set di strumenti e tecniche. Due dei miei progetti preferiti provenienti da questa comunità sono quelli di Deathless e Parakuat.
Deathless Ramz / Profound Grief / Deathless Noir propone la sua versione di composizioni techno e industrial al sapore di Sleeparchive e tutto quel che ne segue. Oltre che essere peso, apprezzo il fatto che in alcune esibizioni live e nel suo disco Bandcamp abbia collaborato con dei musicisti della scena noise rock mettendo su un sound che cavalca lo shoegaze e che rimane ostico, alieno e sospeso per tutta la sua durata. Insomma le corde si sentono tanto quanto si perdono in mezzo a un miliardo di altre cose; di ellissi temporali e sacche di rumori. Fa l’effetto di cercare di orientarsi in mezzo a un paesaggio che è metà discarica di consumer electronics e metà deserto in notturna.
Parakuat è molto più digeribile ed è conosciuto per essere un abile ingegnere del suono che ha prodotto metà degli artisti elettronici e non a Bandung nonché esperto delle capacità tecniche e elettriche dei cavi che rendono uno studio ciò che è. Nella sua pratica si rifà ai campioni del modulare come Floating Points producendo brani ben costruiti e assolutamente ballabili che ogni tanto integrano anche riproduzioni sintetizzate di strumenti regionali ma che più che altro se la giocano su suoni quasi a 16 bit e accompagnamenti vocali cantati. Attualmente sta realizzando il suo primo album strumentale.
Bvrtan
Ok, ok questa è una band di Depok, quindi mi riservo di estendere, per quello che è il mio progetto preferito, il focus dalla sola Bandung a Giava Ovest. I Bvrtan sono una band più unica che rara. Guardando alle copertine e allo stile si può scoprire una band parodia dei Darkthrone dove al posto di essere dei troll della foresta nordica i nostri sono dei contadini delle highlands di Giava ovest. Appropriatamente Bvrtan altro non è che una trvizzazione dei termini buruh e tani, ossia lavoratori contadini. Con titoli quali Ritval di Gvbvg Sawah di Bawah Kilatan Petir (Rituale in una capanna di risaia alla luce di un lampo), Koperasi Kegelapan yang Memonopoli Ekonomi Pedesaan (La cooperativa oscura che monopolizza l'economia rurale) e Tragedi Kegelapan dalam Serangan Tikvs ke Sawah Kami (La tragedia dell'oscurità nell'attacco dei topi ai nostri campi) i Bvrtan hanno ben sette album all’attivo e alcuni split, tra cui uno con i Taake incredibile.
Tutto divertente e simpatico, se non fosse che I Bvrtan sono nella lista nera dello stato indonesiano e utilizzano i loro moniker per mantenere segrete le proprie identità, avendo dovuto lasciare casa loro per sfuggire alla caccia delle autorità. Fingersi contadini senza nome significa per i membri del progetto creare uno spazio per poter fare una critica diretta alle politiche agrarie dell’arcipelago cominciate con quella che porta il nome ironico di “Green Revolution” e che era infatti un’operazione di liberalizzazione e capitalizzazione dell’economia indonesiana ad opera del secondo presidente Suharto. Una politica dove ad aver sofferto di più sono proprio i popoli rurali, gli “adoratori dei campi di canna da zucchero” celebrati dalla band black metal.
I Bvrtan sono l’esempio perfetto di come il metal e le sonorità estreme sono usate in Indonesia per mappare il ridicolo e la satira sulle difficoltà delle esperienze quotidiane o evidenziare e rendere evidenti i problemi dei nostri sistemi. Consideriamo il testo di Sawah Tebu Terlarang (il campo di canna da zucchero proibito): nella canzone ogni riga elenca i nemici dell’agricoltura mettendo fianco a fianco ratti e politici. Insomma, se fa ridere non vuol dire che non sia pericoloso.
Se avete l’occhio aguzzo (occhio di falco insomma) avrete constatato che nell’articolo non ci sono donne o persone non binarie e affini. Bingo. Prima di stilare questa lista ho chiesto in giro a riguardo, in modo da poter integrare meglio questi/e artisti/e, ma purtroppo la verità è che la scena di Bandung come qualsiasi altra scena in Indonesia è ancora fortemente maschile e anche se gli altri generi sono progressivamente più importanti e attivi – l’esempio è Itta S. Mulia di Extramonium Klub e MIXXIT – ancora la scena deve lavorare duro prima di potersi definire inclusiva e paritaria.
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SEGNALAZIONI - APRILE ‘23
di DPK800
Cinque segnalazioni (+1) per recuperare alcuni dei momenti salienti dell’ultimo mese. Per aprire i dischi, clikka sulla copertina.
Flood City Trax della misteriosa Nondi_ from Pennsylvania fondatrice della label digitale hrrecordings, per la precisione da Johnstown (città famosa per almeno un paio di alluvioni significative nel 1889 e nel 1977 tanto da guadagnarsi il titolo di “Flood City”) e ci tiene a farci sentire l’atmosfera di disagio/degradazione e creatività della zona in un flusso delirante lo-fi che stordisce.
#*PUNK*_footwork_lisergica#
*PUNK*/ragga/trap dance all night till morning
Un po’ di ragga from Kinshasa[soukous/kwassakwassa], DJ Finale della band/attivista congolese Fulu Miziki, mescola strumenti/suoni tradizionali a ritmiche sostenute.
Raw&funny
SOUND_AND_VOICE_AGAINST_THE_CONTROL
“Careful spatialisation, superimposition and layering help to produce an immersive, hyperreal listening experience that highlights and satirises problematic facets of mindfulness media.”
[per citare un po del press kit e per non parlare a vanvera] stratificazione narrativa di field recordings, voci che ipnotizza l’ascoltatore e lo fa immergere in un flusso di coscienza che ti aiuta a capire se la macchina ribelle ti può aiutare oppure dalla parte della corporation che ti vuole controllare*¥€$* o per lo meno renderti cosciente di chi ha il controllo su cosa.
“This piece aims to reclaim the power of sound, not for control or manipulation but as a vehicle for eliciting critical thought”
Coreano di nascita di base a Los Angeles Sae Heum Han aka mmph (se non l’avete fatto ascoltate i precedenti EP su Tri Angle), torna dopo una pausa di 5 anni non volontaria dovuta ad una malattia autoimmune scoperta in piena pandemia (ora fortunatamente in remissione); costretto a letto ha dovuto rivedere le priorità, oltre ad avere il tempo per analizzare quello fatto fino a quel momento in modo da evolversi.
Harvest |come il miglior raccolto| affonda le radici nelle musiche coreane che mmph ascoltava da bambino a Seoul e le mescola con le tutte le sue influenze contemporanee.
folk_cyber_life/soundtrack perfetta per fare un giro in Corea dalla scrivania.
campionamento/loop/distorsione/voce/collage
Prima uscita di Ribbons[il compositore polacco Stefan Weglowski + Christian Stadsgaard (noto per °°°Damien Dubrovnik, Vanity Productions e The Empire Line°°° tanto per dirne 3)].
Una sorta di colonna sonora per incontrarsi nel WorldWideWeb e forse anche per viverlo meglio.
il +1
di Matteo Mannocci
Registrato durante una residenza al Centre National de Création Musicale d’Albi-Tarn, in Francia, nel Luglio del 2022, Giovanni Di Domenico affida questa sua composizione alla sapiente intelligenza musicale di Silvia Tarozzi e Emmanuel Holterbach, in un gioco di armonie e dissonanze. Una oretta di ottima musica acustica contemporanea.
UMIDO - Album/giardino
di Pietro Michi
Secondo Wikipedia:
"Il giardino è uno spazio progettato, di solito all'aperto, riservato alla vista, alla coltivazione botanica e al godimento di piante e altre forme naturali. […]
Una prima idea di giardino risale ad un grafogramma sumero del 3000 a.C, raffigurante un triangolo con al centro disegnato un albero, le prime testimonianze dell'esistenza di giardini ornamentali realmente compiuti sono da considerarsi le pitture murali egiziane del 1500 a.C. che rappresentano laghetti ricoperti di ninfee e loto e circondati da file di alberi di acacia e di palme."
Uno spazio dove il così detto naturale è in qualche modo circoscritto, la definizione di giardino è pronta a essere smarginata ed adattarsi nel tempo e nello spazio.
Il giardino è una parte fondamentale del paesaggio, urbano e non, è un area che parla del selvatico, ma non sempre del selvaggio, può essere composta da un eterogeneità biologica o una monocoltura, addirittura può presentarsi come un ammasso di materia inerte. Spesso il giardino contemporaneo punta al miglioramento della qualità della vita in città, nel senso più ampio.
Nei confini del giardino è circoscritto ciò che è, o è stato, selvatico.
Il selvatico appartiene a un ambiente altro, non contaminato, “al naturale”.
Può quindi esistere la musica selvatica? O selvaggia, un termine quasi offensivo, brutale, al di fuori del domestico (domus, casa)?
Se le pratiche più pure del field recordings o le passeggiate sonore sono considerate “non-musica” ci tocca scomodare il regno del suono.
Un Album/Giardino dovrebbe quindi partire da un triangolo con al centro un suono. Un cittadino potrebbe in qualche modo usufruirne per ristabilire una connessione con il selvatico? Tale album potrebbe adempire ad una funzione ricreativa, nel senso più nobile ed ampio del termine? Regalarci un momento di tranquillità, ristoro o aiutarci nella ricerca della salubrità?
Al di fuori del giardino si possono trovare anche zone altre, come gli spazi appartenenti al terzo paesaggio (l’insieme di tutti quei luoghi abbandonati dall’uomo, Gilles Clément, 2004). Luoghi in cui la natura ha riaffondato le radici sottraendosi alle interazioni dirette con l’essere umano “spazi, diversi per forma, funzione, dimensione e statuto, hanno in comune il fatto di essere indipendenti dall’attività umana”. O ancora le riserve naturali.
Spazi dove c’è solo i suoni, su strati tanto più complessi quanto più è varia la geologia e ricca la biodiversità.
L'indice di ricchezza specifica di Margalef è basato sul rapporto tra il numero di specie e il numero totale di individui:
d = (S-1)/logN