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Intervista a Donato Epiro
di Francesco Toninelli
Donato Epiro è un compositore, musicista e biologo pugliese. Oltre al suo progetto solista e collaborazioni numerose già dalla stagione del freak-folk italiano, il suo nome (assieme a quello di Gaspare Sammartano) è legato da anni all'etichetta Canti Magnetici, riuscita nel tempo a sintetizzare un peculiare rapporto con la ruralità, l'archivio e il ricordo, il mito.
Dal 2021 è direttore artistico degli eventi di musica dal vivo prodotti da Ramdom che sembrano dare linfa alla vita sonora del Salento.
Gli eventi che stai organizzando anche solo visti con il cannocchiale colpiscono per vari motivi: innanzi tutto l'eterogeneità degli artisti coinvolti, tra musicisti e sound artist immancabili della tua generazione, strumentisti, ensemble di musica tradizionale ed antica; poi la location e la stessa collocazione geografica. A suo modo sembra proseguire una poetica già molto presente in Canti Magnetici che ha a che fare con il rapporto tra urbano e rurale, o almeno tra centri e periferie.
Certo, considero questi concerti come un’ulteriore possibilità per Canti Magnetici di esprimersi al di là della produzione discografica che è centrale ma non risolve del tutto la nostra idea di progetto più ampio da realizzarsi anche in ambiti differenti. Organizziamo concerti da più di 15 anni: partendo da Anniluce, rassegna nei sotterranei della Città Vecchia a Taranto, agli incontri clandestini di 0riente, fino ai concerti che a Lecce organizzavo in casa da me. Collaborare con Ramdom (che produce i diversi eventi) mi ha permesso di poter pensare e realizzare un programma più articolato, all’interno di spazi dalla fortissima identità (quelli del Palazzo Baronale de’ Gualtieris a Castrignano de’ Greci e del Museo Archeologico Sigismondo Castromediano a Lecce) e potendo contare su un team ed un budget adeguati.
Le due edizioni di Ogni Altro Suono ed il festival La Sete e l’Orecchio sono inoltre stati il fulcro attorno a cui abbiamo sviluppato tutta un serie di attività che hanno animato il paese: residenze artistiche, laboratori di musica elettronica per bambini (Aprite le Orecchie!), una serie di interviste e la produzione di lavori realizzati in loco e pensati dagli artisti in relazione agli elementi sonori, naturali,architettonici ed alla storia di Castrignano. La Sete e l’Orecchio nasce proprio dall’osservazione delle peculiari caratteristiche del sistema idrico della Grecìa Salentina e dalla cultura dell’acqua nella tradizione popolare, il suo esprimersi nella ritualità domestica, nei gesti quotidiani del bucato, della cucina, dell’agricoltura, negli oggetti e vocaboli connessi alla raccolta dell’acqua, nelle preghiere e nei rituali propiziatori contro la siccità ed i temporali.
Ovviamente una proposta di questo tipo, su un territorio così particolare, ha richiesto determinate accortezze ed una certa delicatezza. In questo senso Canti Magnetici e Ramdom hanno sempre condiviso la necessità di operare in un modo che non ricalcasse quello dei grandi centri, riconoscendo alle realtà più periferiche delle qualità e delle peculiarità da cui devono necessariamente emergere modalità alternative di agire. E’ un rovesciamento di prospettiva che, invece che limitare, apre a tantissime possibilità e invita ad essere più ricettivi. Questo territorio deve essere il nostro centro: è da qui che possono svilupparsi percorsi ed approcci inediti. Essere coscienti di questo libera da egemonie culturali, stress competitivi, rincorse all’ultimo hype, globalizzazioni varie e rende paradossalmente la nostra proposta veramente universale. “Conquista il tuo quartiere e conquisterai il mondo”, scriveva Militant A.
Nel definire i diversi programmi ho quindi assecondato il mio gusto e seguito la linea proposta da Ramdom (armonizzandomi alle tematiche delle diverse mostre) ma ho soprattutto cercato di scavare in quello che questi luoghi mi suggerivano e invitavano a sviluppare. E’ stata un’occasione per allontanarmi dagli ambienti in cui solitamente mi muovo, per aprirmi a linguaggi che, mea culpa, non avevo mai approfondito e che adesso continuo a studiare (i canti alla stisa, le musiche della Barberia, la notazione di Montesardo, il repertorio bandistico, i canti di passione...).
L’idea di accostare a una proposta “contemporanea” (ci siamo capiti) musicisti che ricercano nell’ambito della musica tradizionale o antica ha quindi funzionato su più livelli: ci ha permesso di avvicinare un pubblico, giustamente, timoroso ma ha anche creato momenti di dialogo e confronto reali fra musicisti di estrazione diversa. Al centro di tutto, l’essere umano, la sua storia, il mondo naturale, il sacro ed il fantastico, un terreno comune di ricerca che, chi ha partecipato ai nostri eventi, ha potuto realmente osservare da prospettive diverse.
Nel corso dell'ultimo anno si è discusso molto di musica dal vivo sia tra artisti che pubblico e personalmente ho osservato in molte persone un forte senso critico, una stanchezza per certi modi di fare live (soprattutto elettronici) e invece un entusiasmo per la musica suonata e la performance. Quale è la tua direzione a riguardo?
Fermo restando che credo sia ancora predominante, nel condizionare e muovere il pubblico, più l’appeal del contenitore che il contenuto proposto, è probabile che il post pandemia abbia in parte rimesso in discussione determinate scelte di gusto, reindirizzando gli ascoltatori verso quello che intimamente, realmente apprezzano.
Non so quanto questo aspetto sia emerso in maniera consapevole o sia scaturito da un sentimento spontaneo di insofferenza e se porterà a qualche concreto cambiamento nel modo di fruire i live, mi sembra comunque qualcosa di positivo, sicuramente per noi un è argomento di riflessione. Riguardo i miei parametri, non credo onestamente facciano troppo testo. Mi è capitato, prima della pandemia, di assistere a dei concerti di piccoli ensemble di musica tradizionale che mi hanno completamente messo in crisi. A fine concerto sentivo una “pienezza” che ho faticato a ritrovare in altre situazioni. Ovviamente parliamo della riproposizione di un repertorio che è arrivato fino ai giorni nostri in virtù di una forza intrinseca potentissima. Mi chiedo però se sia possibile trovare anche noi, che lavoriamo su una materia sonora diversa, un modo per essere così incisivi, tanto da poter mutare, solo attraverso il suono, uno stato d’animo e la percezione di uno spazio, qualunque esso sia. Questo credo vada al di là della questione musica “suonata” o meno.
C'è una cosa che mi ha sempre colpito in quello che fai/fate, forse ha a che fare con il modo in cui comunicate le cose, ma è come se riusciste a creare aspettativa e interesse vivo senza bisogno di montare hype artificialmente, scardinati dall'aspetto glamour di molta musica. I dischi, i concerti non vengono proposti come l'ultima novità ma come qualcosa di semplicemente bello: non è una cosa del tutto comune neanche nelle nicchie di interesse, come riuscire a spogliarsi di quella pesantezza?
Ti ringrazio per questo bellissimo complimento. Semplicemente è qualcosa a cui non diamo troppo peso e che facciamo con naturalezza. Cerchiamo di trovare appagamento in quello che facciamo, nel momento in cui lo facciamo, nei rapporti che coltiviamo, nella stima e nella fiducia degli artisti che scelgono di legarsi a noi, senza avere troppe aspettative su come potranno essere recepite le nostre proposte. In passato abbiamo forse avuto ambizioni e pressioni diverse ma è innegabile che negli ultimi dieci anni qualcosa sia completamente cambiato anche nel nostro mondo (a partire dal peso che hanno certe distribuzioni, le agenzie di Booking e gli uffici stampa). Non abbiamo, in tutta onestà, né voglia né forza né tempo per stare dietro a questa roba.
Cambiando discorso vorrei farti una domanda più personale: hai in programma di creare nuova musica? Mi viene in mente quel tuo disco dal bellissimo titolo di cui si parla da anni e mai pubblicato, oppure le collaborazioni con Sammartano.
Anche se pubblico con molta parsimonia, sono sempre a lavoro su nuova musica. In questo momento sto completando le composizioni per il nuovo progetto che condivido con Marta Bellu (danza) ed Andrea Sanson (luci) e che debutterà il prossimo ottobre. Ho poi diversi lavori aperti da completare: la sonorizzazione del Museo di Biologia Marina Pietro Parenzàn di Porto Cesareo (progetto prodotto da Studioconcreto con il sostegno dell’Università del Salento), una serie di duetti per flauto ed un ep che chiuderà il discorso cominciato con Rubisco.
“L’Origine degli Uccelli”, l’album di cui parli, è già stampato da, credo, il 2020. Non ho fretta di vederlo pubblicato, quindi quando sarà il momento spero di riuscire ancora a reggerne l’ascolto.
Gaspare ha ultimato da poco le musiche per il lavoro teatrale Vita Amore Morte e Rivoluzione di Paola Di Mitri presentato all’ultima edizione di Romaeuropa Festival. Non è semplice lavorare insieme, vivendo in città diverse ed essendo da poco diventati entrambi papà, ma succederà senza dubbio.
Donato Epiro - “Rubisco” (Loopy, 2017)
SEGNALAZIONI - GENNAIO ‘22
di DPK800
Cinque segnalazioni (+1) per recuperare alcuni dei momenti salienti dell’ultimo mese. Per aprire i dischi, clikka sulla copertina.
Se definirlo Hip-Hop, Trap, Metal o Industrial fate voi. Dopo “Grave Of A Dog” tornano sempre su Thrill Jockey con “Lockstep Bloodwar”, tra urla, rap e suoni abrasivi più ritmati del precedente album, in un LP pieno di collaborazioni (per dirne un paio: Gangsta Boo e Claire Rousay).
La voce di domani o tutte le lingue in una?
Raccolta di letture, parole, suoni non linguistici, poesie, strumenti e suoni di animali realizzati da Abbas Zahedi, AGF, Elaine Mitchener, Eleni Ikoniadou, Jordan Edge, Joshua Leon, Lunatraktors, Ruth McGill, Sukitoa O Namau e Viki Steiri. Il materiale è stato poi combinato con processi di apprendimento automatico dalle mani di Mohab Tarek, per generare di una nuova voce che parla una lingua non umana.
Debutto di Ruhail Qaisar con “Fatima”, fra Himalaya e Nova Dehli. Più precisamente ci troviamo a Leh, paese origine di Ruhail, tenuto costantemente sotto assedio da tiranni e dittatori.
Con questo debutto molto personale su Danse Noire, tra sound art, noise, field recordings e droni Ruhail ci rimarca lo sdegno [che possiamo in parte condividere] di un popolo fisicamente e spiritualmente sottomesso.
Carta vetrata su viso. titolo e copertina definitivi per i noisers from Oslo, Dave Eckfuad, David Gurrik, Punk Babe e Uno Von Tellus. Gli Human Inferno formano questo mix di dub noise e sperimentazione/divertimento. Per questa uscita si è unito l’inglese di origini giamaicane Tony F. Wilson[Spykidelic/Echo Park] che vi consigliamo vivamente di approfondire.
Human Inferno sporchi brutti, cattivi e divertenti/divertiti così ci piacciono.
Se sembra che il divertimento nel fare musica spesso venga messo da parte, invece negli ultimi tempi qualcuno sta tornando a fare musica perché gli piace invece che farla perché deve legato ai temi contemporanei dei pipponi da “conceptronica”, come direbbe SR.
il +1
di Matteo Mannocci
Una favola sonora musicata da Francesco Cavaliere e Leonardo Pivi, realizzata per la prima volta nel 2018 per la mostra collettiva ‘Raymond’ -curata da Luca Trevisani- ospitata da Manifesta, la biennale di arte contemporanea svoltasi quell’anno a Palermo. Grazie all’americana Poole Music di avercelo fatto sentire anche a noi.
UMIDO
di Pietro Michi
Le musicassette sono nate negli anni 60, grazie all'ingegno dell’ingegnere olandese Lodewijk Frederik Ottens. Un dispositivo a memoria magnetica, composto da una sottile pellicola di plastica rivestita da un ancor più sottile strato magnetico: di solito PVC abbinato con Ossido di Ferro, Biossido di Cromo, Ferrocromo o Ferro. Un supporto di archiviazione dati che ha visto la sua era d’oro prima dell’avvento dei CD e che secondo molti sarebbe finito in delle grandi buche e sotterrato per sempre… Invece dopo anni le cassette non si sono mai estinte e le grandi quantità prodotte non sono state smaltite in modi poco ortodossi. Le migliaia di nastri potenzialmente destinati al macero hanno invece trovato un nuovo posto nel mercato discografico grazie a un completo disorientamento del formato musicale fisico dinnanzi all'enorme esplosione dei servizi digitali e di streaming come all’irrisorio costo di produzione date le grandi quantità ancora in circolo e acquistabili in stock.
Seppure sia un supporto delicato, che richiede determinate accortezze per non far inceppare i meccanismi, non rompere il nastro o non degradare lo strato magnetico che trattiene tutte le informazioni, la musicassetta rappresenta anche un piccolo archivio, in quanto se tenuto in buone condizioni un nastro non perde i propri dati per un arco di tempo tra i 10 e i 30 anni.
La musicassetta rimane un piccolo rifugio per gli amanti della musica, soprattutto per le nicchie sonore. Il potere simbolico della cassetta: un supporto musicale che ha contribuito alla produzione artistica, permettendo un utilizzo DIY dei nastri magnetici per la creazione di nuovi suoni, un simbolo della riproduzione musicale a costo contenuto. Un oggetto confortante, che propone un'alternativa economicamente affrontabile per chi produce musica indipendente nel secondo decennio del 2000 e che in qualche modo vuole portare i suoi suoni IRL.
Le Musicassette sono principalmente kawaii ツ, sono sì un feticcio ma non per forza nostalgico, permettono un packaging modulabile tramite JCard, case colorati, incisioni UV, sticker, spazi intraplastiche da riempire con orpelli. Le musicassette svolgono un atto sociale ed aggregativo, sono il cimelio perfetto per una cultura che in ogni momento può rifarsi all'ascolto musicale liquido.
Cassetta > CD
RISCIACQUO
di Jacopo Buono
Non ricordo nulla ma ero su http://w3bcrash.com/cn/. Dategli un'occhiata.